9-2021
La pandemia dovuta al Covid 19 ha rallentato tutta l’economia mondiale globalizzata, per le chiusure di attività, ma anche delle frontiere con limitazione degli spostamenti. La conseguenza è stata una caduta nei consumi energetici e la riduzione della capacità produttiva delle materie prime per usi energetici. La prospettiva della ripresa delle attività e degli spostamenti ha fatto ripartire l’economia negli USA, in Cina ed in Europa con conseguente ripresa dei consumi energetici. Lo spostamento della richiesta di risorse dal carbone e petrolio al gas metano è legato sia alla maggior rapidità della domanda di energia rispetto alla capacità di ripresa della produzione, sia alla volontà di ridurre le emissioni di anidride carbonica sancita da accordi internazionali, al fine di temperare i cambiamenti climatici. Si aggiunga anche la maggior richiesta di gas in questo periodo dell’anno legata usualmente alla costituzione di scorte per affrontare l’inverno, dato il larghissimo uso del gas per il riscaldamento degli ambienti. L’aumento della domanda a fronte di minore offerta ha portato ad un notevole aumento dei costi delle materie prime, costi che presumibilmente torneranno ai valori precedenti nel giro di un anno. I contratti di fornitura del gas sono in genere per periodi prolungati proprio per risentire meno delle fluttuazioni delle quotazioni, sia in positivo che in negativo. La ricaduta sulle bollette delle forniture di energia elettrica sono dovute alla composizione della produzione in Italia, ottenuta per il 51% in centrali alimentate a gas e per il resto a rinnovabili (40%) ed altre fonti. Tuttavia in bolletta si pagano anche gli incentivi alle rinnovabili (certificati verdi) ed i costi per lo smaltimento delle centrali nucleari, oltre a contributi ai grandi consumatori di energia da combustibili fossili, in totale quasi il 40%! L’ultima voce citata è connessa alla politica europea di riduzione delle emissioni di anidride carbonica che considera un mercato di scambio delle emissioni stesse. Introdotto nel 2005 e noto come sistema ETS (Emission Trade System) ha l’obiettivo di indurre le grandi imprese fissando un tetto massimo alle emissioni di alcuni agenti inquinanti, in particolare anidride carbonica (biossido di carbonio), ossido di azoto e perfluorocarburi. Le aziende che emettono queste sostanze, ricevono i cosiddetti “carbon credit”, che consentono di inquinare secondo quote di emissione corrispondenti ad una tonnellata equivalente di anidride carbonica. Tali quote possono essere acquistate sul mercato ETS, come fossero titoli finanziari, messi in vendita da altre imprese che hanno emesso meno e quindi non hanno utilizzato le loro quote. Esiste una “borsa verde” dove tali titoli vengono scambiati e che, nelle intenzioni dell’Europa, avrebbe dovuto spingere le aziende ad inquinare meno causa l’aumento del costo delle quote stesse. A questa borsa partecipano circa 11000 aziende di 31 Paesi. La crisi del 2008 e quella della pandemia hanno ridotto la produzione e quindi le emissioni facendo scendere la quotazione della tonnellata di anidride carbonica sotto i 10€, quotazione che è balzata ai 50€ con la ripresa dell’economia. Si aggiunga la politica Europea che prevede una riduzione continua delle quote di emissione ammesse (-2,2% annuo) per arrivare nel 2030 alla riduzione del 55% rispetto al 1990. Come in tutte le borse finanziarie non mancano comportamenti speculativi che possono portare a distorsioni delle valutazioni. Poiché la borsa interessa aziende nell’area economica europea, per compensare parzialmente le differenti regole di emissione su scala mondiale, dato che paesi come USA e Cina hanno legislazioni meno restrittive sulle emissioni, la UE prevede l’introduzione di dazi compensativi per equiparare i costi dei prodotti energivori extraeuropei a quelli interni, il “Carbon Border Adjustment Mechanism” (CBAM).
Le emissioni delle aziende sono monitorate dal Ministero dell’Industria che può anche concedere quote ad alcune imprese energivore (siderurgia, cementifici, chimica, aerei), assumendone il costo al bilancio dello Stato. A questo serve il prelievo in bolletta sopra citato.
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