Sulla stampa vengono dibattute le prese di posizione di archistar come Boeri e Fuksas sulla necessità di facilitare la dispersione residenziale della popolazione spingendo al recupero degli oltre 5000 centri semiabbandonati esistenti in Italia, al fine di contrastare le pandemie.
E’ opportuno ripensare il modo di vivere la città, ma senza dimenticare che la dispersione residenziale aumenterebbe i costi legati alla fornitura di servizi essenziali e quello dei trasporti, dato che pochi sono le attività lavorative attuabili con il mitico smart working.
Ritengo che le proposte di dispersione residenziale non considerino che attualmente oltre metà della popolazione mondiale vive in città perché queste permettono di usufruire di servizi e contatti altrimenti impossibili.
Viceversa le città andrebbero ristrutturate in una ottica opposta di densificazione urbana. Per intendersi se consideriamo di realizzare 100 appartamenti da 100m2 con villette a schiera a due piani, essi occuperanno 5000m2, ma se realizziamo due palazzi con quattro appartamenti al piano, occuperemo in pianta circa 1300 m2 totali, con una altezza di 40 m, prevedendo un piano terreno ad uso commerciale/sociale. Restano 3700 m2 da usare come giardini, piazze, impianti sportivi. Fino ad oggi tali spazi sono stati usati solo per aumentare i profitti speculativi, riempiendoli di edifici.
Il miglior rapporto tra superfici esterne e volumi migliorerebbe le prestazioni energetiche e la maggior distanza tra gli edifici permetterebbe di usare con criterio fonti rinnovabili, in particolare quella del sole. L’impiantistica potrebbe essere realizzata in modo razionale dal punto di vista energetico e dell’uso delle risorse, prevedendo il recupero delle acque piovane ed il riciclo di quelle grigie.
Ovviamente non dobbiamo ripetere errori come lo Zen a Palermo o le vele di Scampia a Napoli, servono servizi, ma quelli sarebbero richiesti anche per le villette a schiera.
I trasporti sarebbero meno costosi avendo ridotte distanze da coprire; in una economia di vicinato, non bisogna dimenticare gli ascensori, che sono una forma di trasporto pubblico, se ben dimensionati. Servizi e negozi locali, senza grandi centri commerciali cui si può accedere solo con le auto.
Dopo la pandemia occorre far ripartire l’economia ed in particolare l’edilizia; sarebbe il momento di intervenire pesantemente sull’edilizia degli anni ’60-’80 del secolo scorso, estremamente inefficiente dal punto di vista energetico e sismicamente insicura. Sotto il profilo economico è spesso conveniente buttar giù un edificio e ricostruirlo piuttosto che intervenire per metterlo in sicurezza dal punto di vista sismico e renderlo a norma da quello energetico.
Oltre tutto è possibile usare materiali e tecniche più compatibili con l’ambiente rispetto a quelli degli anni in cui furono costruiti.
E’ tempo di dare lavoro per costruire il futuro sostenibile.
30/04/2020
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